Perplessità, sì, ma non un passo indietro su quelle che sono state le scelte iniziali. Tantomeno, non serve addossare la croce al singolo. Le responsabilità sono sempre da individuare in più componenti.
Anche se sono emerse delle discrepanze, tra quanto annunciato e quanto fatto. Un allenatore che aveva chiesto “non più di ventiquattro giocatori”; un direttore sportivo che, alla fine del mercato, porta il numero degli elementi in organico a trentuno.
Operazioni e acquisti – alcuni dei quali altisonanti – in funzione di un 4-2-3-1 o 3-4-2-1 che dir si voglia (remake della passata stagione, con Caserta che ha dovuto rivedere il proprio credo iniziale); modulo (anzi, “sistema”, pardon) evidentemente poco funzionale e limitante le caratteristiche di alcuni tra i calciatori più importanti.
Perché Petriccione fatica a far filtro in coppia, davanti la difesa e Iemmello predilige lo scorrazzare tra le linee, agire da “numero 10” partendo da lontano a prender palla, scansionare il campo, dettare la manovra, inventare…insomma, giocare in modo “anarchico”.
Perché Iemmello ha poco da allenare: Iemmello è Iemmello, anche con decimi di febbre o l’alluce indolenzito. Lui è imprescindibile.

Quindi, al netto dei sei pareggi nelle prime sei – che hanno attirato gli occhi e le battutine sarcastiche sui social dell’opinione pubblica pallonara – e soprattutto della rovinosa caduta di Monza, Alberto Aquilani gode della fiducia e della stima della società.

Però battere il Padova alla ripresa si rende essenziale, non solo per una classifica che merita qualche occhiatina, ma anche – e soprattutto – per il futuro del tecnico che, ripetiamo, ad oggi non è in discussione. Tuttavia, la fiducia si alimenta e si rinsalda con le vittorie.

Il Catanzaro Calcio lo ha (in)seguito troppo, fin dall’estate 2024, per poter scompaginare l’investimento (anzi, l’investitura) di credito fatta verso il tecnico romano, uno dei profili più interessanti tra i giovani allenatori italiani, vista la propensione a far giocare le sue squadre.

Aspetto che, sui Tre Colli, purtroppo si è visto “part-time”, con qualche sprazzo intermittente e mai (mai) per una partita intera. Forse, solo a Reggio Emilia il Catanzaro ha avuto da rammaricarsi per non aver ottenuto i tre punti perché, nelle altre gare pareggiate, il punto racimolato è da ritenere guadagnato, nell’economia dei novanta minuti.

Sì, gioco, manovra e qualità sono emerse in scampoli di gare. Per il resto, una difesa che traballa – con Bettella lontano parente del calciatore apprezzato altrove, ma nessuno intende ritenerlo capro espiatorio – e un reparto offensivo poco consistente: a parte l’estro di Iemmello e Cisse, nulla da mettere a referto.

A Monza, poi, qualche segnale incoraggiante nel primo tempo, immediatamente dissoltosi e sovvertito da un avversario che, nella ripresa, ha spadroneggiato e non è riuscito a chiuderla.

I giallorossi hanno detenuto un fraseggio ben concepito, non solo per vie orizzontali, gestendo ordinatamente senza dare l’impressione di andare in affanno: una volta incassato il pari, l’interruttore si è staccato e se la partita fosse durata un’altra ora, dubitiamo che si sarebbe trovata la via maestra, con folate offensive frenetiche e prive di lucidità.

Tanto da rivedere. Tanto su cui riflettere, anche per Christian Agnelli, l’allenatore in seconda che fra dieci giorni sostituirà lo squalificato Aquilani e dovrà condurre la nave, si spera verso la prima vittoria del campionato; occhio al Padova, che si pone – giustamente – da matricola neopromossa, che studia “da grande”.

La truppa, nel frattempo, ha ripreso i lavori senza gli uomini coinvolti con le nazionali. A proposito, singolare l’iniziativa del ct dell‘Under 21, Silvio Baldini, il quale ha convocato il nostro Cisse per gli impegni con Svezia e Armenia (gare di qualificazione ai prossimi campionati Europei di Categoria).

Il fumantino allenatore toscano ha obbligato tutti i calciatori – portieri inclusi – ad allenarsi con una benda sull’occhio! Il motivo? Affinare i riflessi, la concentrazione, per focalizzarsi unicamente sul pallone e la percezione del pericolo.

Ecco, non sarebbe malaccio se un esercizio del genere – apparentemente bizzarro – si replicasse altrove, magari al Poligiovino.








