Molto spesso, nel mondo del calcio, è facile assistere a momenti di flessione in termini di prestazione e di risultati. Questo accade, in particolare, quando una squadra raggiunge l’obbiettivo che si era prefissata oppure quando quello stesso obiettivo inizia ad allontanarsi.
In questi casi, entrano in gioco dinamiche psicologiche ben precise, anche se di rado se ne parla apertamente.
Infatti, allenatori e dirigenti difficilmente fanno riferimento a concetti come “appagamento” o “sofferenza psicologica”. Quest’ultimi preferiscono mantenere un clima di apparente tranquillità, anche per tutelare i giocatori, che potrebbero vivere male una pressione aggiuntiva in un momento già delicato. E questa è una scelta comprensibile.
Quanto accaduto al Catanzaro nelle ultime giornate va proprio in questa direzione. Dopo l’entusiasmante vittoria per 4-0 nel derby contro il Cosenza, la squadra ha vissuto un evidente calo, tanto da spingere società, staff tecnico e calciatori ad organizzare un ritiro prima della sfida con la Sampdoria, pareggiata 2-2. Fino a quel momento la strategia dell’“obiettivo minimo salvezza” aveva portato i suoi frutti, permettendo alla squadra di restare stabilmente in zona playoff.
Poi è scattata una nuova consapevolezza: quella di potersi giocare qualcosa di importante. Ma è qui che, spesso, iniziano le difficoltà. Quando ci si proietta troppo in avanti, si rischia di perdere di vista il presente. S’inizia a guardare alla classifica più che al campo, alle ambizioni più che alla prestazione. E così le certezze sfuggono di mano.
Cosa si può fare in queste circostanze?
Una strategia utile, dal punto di vista psicologico, è tornare a stare nel momento presente. Riconnettersi con ciò che si può controllare: il lavoro quotidiano, l’identità di gioco, le proprie risorse. La fatica di una stagione lunga non è un alleato, ma se si ristabilisce un buon equilibrio mentale, è ancora possibile andare in “overperformance”, a prescindere dal nome o dalle capacità dell’avversario.
A volte, basta semplicemente tornare a respirare il “qui e ora” per riscoprire il piacere di giocare e rendere al meglio. Quindi, nelle ultime due partite della regular season, non serve guardare troppo lontano: bisogna solo tornare a fare bene le cose semplici, con la testa libera e i piedi ben piantati per terra.