“Nel nome di Denis”: a Palazzo De Nobili il libro di Francesco Ceniti invoca giustizia

La verità è una scelta. E spesso le contraddizioni fanno emergere la verità.

Negro Carburanti

Il caso Bergamini, che ha scosso il Paese, non solo l’inclinazione sportiva, è pieno di incongruenze, contraddizioni. A pagare e senza sapere “perché”, uno splendido ragazzo, un atleta. 

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Denis Bergamini, figlio acquisito di questa terra, calciatore del Cosenza Calcio, strappato tragicamente alla vita nel 1989, in una vicenda torbida, oscura, che attende giustizia e verità da trentatré anni. 

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Di questo si è parlato ieri, a Palazzo De Nobili, in occasione della presentazione del libro di Francesco Ceniti “Nel nome di Denis – La storia vera di Bergamini, il calciatore ucciso due volte”. Un incontro che ha riscontrato una Sala Concerti gremita, moderato dal giornalista Antonio Argentieri Piuma. 

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Ceniti, noto giornalista catanzarese della Gazzetta dello Sport, il cui animo è stato scosso da un fatto di cronaca inerente la città dei Bruzi, storica rivale sportiva del Capoluogo. Ma questa storia non conosce fazioni, ma unisce, tutta Italia. L’autore ha quindi seguito la trentennale crociata giudiziaria condotta dalla famiglia Bergamini, che chiede giustizia, dignità, per un ragazzo di ventisette anni che non aveva alcun motivo di suicidarsi, di farla finita. Una morte, consumata sulla Statale 106, piena di falle, discrepanze e, ciò che ha lasciato attoniti tutti quanti, il fatto che sia stata frettolosamente derubricata in suicidio, lasciando una famiglia senza risposte. Un verdetto mai accettato, com’era ovvio che fosse. Riavvolgendo il nastro, allora, la famiglia si adoperò ben presto per ricercare la verità, finché nel 2009 l’opinione pubblica si è mossa, facendo in modo che il caso dapprima si riaprisse, fino ad arrivare a nuovo processo, in Corte d’Assise a Cosenza, da un anno. 

A fare gli onori di casa, quindi, il sindaco Nicola Fiorita: “Questa vicenda appartiene alla storia del calcio italiano, ed è importante ricordare Bergamini anche a Catanzaro, città che sta vivendo un momento straordinario – sostiene Fiorita -. Il calcio non è solo sport, ma identità, comunità, appartenenza, economia e questa tragica storia va al di là di una maglia, accomuna tutti nella ricerca della verità, nel ricordo di un giovane eroe calcistico, sottratto ai suoi successi da un delitto. Avvenimenti come questi, seppur tragici, possono riavvicinare le città, tifoserie che chiedono, insieme, giustizia, memoria, comunità“. 

Alle sue parole fanno eco quelle del collega Franz Caruso, primo cittadino di Cosenza: “In quanto avvocato, sono stato difensore della famiglia Bargamini nel 1989 – rivela -. Oggi vedo ciò che non accadeva nell’immediatezza dei fatti, ossia la partecipazione dei media e della gente che, all’epoca, non si registrò. Anzi, purtroppo ci fu omertà anche da parte dell’informazione. Non fosse stato per la tenacia del papà e della sorella Donata, non saremmo qui ad approfondire una vicenda che ha molti lati oscuri, che non ha una verità processuale”, sottolinea il sindaco. “Bergamini è una bandiera della quale noi cosentini siamo fieri e che va oltre i confini territoriali”, aggiunge Caruso, il quale auspica una serie B a vocazione calabrese, come segno di rinascita della nostra comunità. 

“Questa storia è la prova dell’amore che ha la Calabria – annuncia il giornalista Gianluca Di Marzio, ospite in collegamento video – e spero che, dopo tutti questi anni, Denis potrà tornare a nuova vita, attraverso l’individuazione dei colpevoli. Ecco, mi auguro che loro paghino, che la giustizia riesca a fare gol”. 

Commoso, poi, il ricordo dell’ex calciatore e allenatore dei lupi Gigi De Rosa, compagno di Bergamini: “Voglio ricordare un amico insieme al quale ho condiviso tre anni. Un ragazzo spensierato, che amava la vita. La notizia, alla vigilia del match col Messina, ci lasciò inorriditi”.

Tra gli ospiti, il timoniere del Catanzaro dei record, mister Vincenzo Vivarini il quale, da calciatore, sebbene per una breve parentesi, transitò proprio da Cosenza, in quegli anni ’90: “Arrivai l’anno seguente, per cui posso dire di aver vissuto anche io, in prima persona, un dramma che toccò la sensibilità di tutti”, confessa il trainer delle Aquile. 

Insomma, una storia avvolta in un alone di mistero, che esige verità e che, stando alle parole del regista Domenico Ciolfi, presenta le sfumature ideali per tradurre il libro di Francesco Ceniti in pellicola: “Questa è una storia di dolore, sì, ma una storia di tenacia! La tenacia del padre e della sorella di Bergamini, per portare alla luce la verità – dice Ciolfi -. Stiamo interagendo con la Calabria Film Commission e quella dell’Emilia Romagna – poiché Denis era proprio romagnolo, tra l’altro – per valutare la realizzazione di un film. Queste storie sono da raccontare per senso civico”.

“Volevo raccontare una storia, che sembra ideata da un regista premio Oscar, che lascia tanti insegnamenti – osserva lo scrittore Francesco Ceniti -. Chiunque può fare la propria parte, senza voltarsi dall’altro lato davanti a un’ingiustizia, trincerandosi dietro la comoda attenuante del ‘tanto non possiamo fare niente’. Ho scritto questo libro come fosse un romanzo, un giallo, perché la forma del saggio sarebbe stata dispersiva per chi non conosce a fondo la storia, adoperando gli atti usati dalla magistratura”. Un manoscritto nel quale il compianto Denis torna a vivere: “Denis racconta i suoi sogni, le sua gioie, le sue paure. Suo papà, Domizio, è la voce narrante del romanzo, di quella che purtroppo è storia vera, così volevo fosse conosciuta da tutti”.

Denis Bergamini, la sua famiglia, merita di trovare pace. Perché la pace ha bisogno di verità, giustizia, amore. 

 

 

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