“Non basta una vita per dimenticare un attimo”: un anno dalla strage di Cutro – Il Corsivo

Jim Morrison diceva: “A volte basta un attimo per dimenticare una vita, ma a volte non basta una vita per dimenticare un attimo”. Siamo certi che le 23.03 di sabato 25 febbraio 2023 difficilmente verranno rimosse dalla memoria di chi ha vissuto, seppur indirettamente, quei momenti di concitata frenesia mista ad angoscia e sgomento condivisi.

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Riavvolgiamo il nastro. L’ora e la data citate precedentemente risultano essere essenziali per poter comprendere lo svolgimento degli accadimenti. Dunque, si tratta del momento esatto in cui la Guardia Costiera riceve una particolare segnalazione: vi è una barca a motore situata a est della Calabria. Per mezzo dell’ausilio dei rilevatori termici dell’aereo Frontex è possibile captare una “risposta termica significativa dai portelloni sul ponte”. Cosa significa? Vi sono numerose persone a bordo.

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A volte succedono cose che non si è preparati ad affrontare”. Invece sì, spesso saremmo anche pronti per prevenire e salvaguardare il pericolo, ma preferiamo non scorgere al di là della nostra fronte per evitare di osservare attentamente la luna. Difatti, quel che accadrà quella terribile notte sembra essere il déjà-vu di un film già visto. Non viene rilasciata alcuna operazione di Ricerca e Soccorso e, circa sei ore dopo, al largo di un paese situato nel crotonese, più precisamente Steccato di Cutro, dell’imbarcazione stessa rimangono solo le “briciole”.

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Più di duecento persone finiscono in mare: tra di loro, cospicua la presenza di donne e bambini. Avete ben compreso, sei le ore di tempo impiegate per intervenire e ormeggiare la barca verso la riva. Sei ore che avrebbero potuto salvare diverse vite. Sei ore in cui, ancora una volta, ha regnato l’omertà e il silenzio e, come spesso accade, nessuno decide di intervenire.

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Sono cose che ti riguardano, quando brucia la casa del vicino”. Una citazione che rimanda ai tempi in cui era Orazio stesso a pronunciarla ma, questa volta, sarebbe impossibile non trattare qualcosa che ci ha colpiti nel profondo. Probabilmente perché era la dimora del vicino a bruciare, al contempo, perché i numeri non lasciano il minimo dubbio sull’entità della tragedia vissuta. Novantaquattro morti, di cui trentaquattro bambini, solo cinquantaquattro persone salve. Inspiegabili i dati emersi, ancor più inesplicabile l’indifferenza con cui l’argomentazione è stata posta in rilievo.

Un dettaglio, anche il più insignificante, può cambiarci la vita in un attimo”. Ad oggi, quel che appare chiaro è che alcun tipo di spiegazione (o di giustificazione) potrebbe essere utile per fornire delle motivazioni razionali ad un disastro dalle dimensioni immani.

Nessuna comunicazione di emergenza è arrivata alle autorità di Frontex. Non siamo stati avvertiti che questa barca rischiava di affondare”, queste le parole della premier Meloni. Un anno dopo, però, gli eventi sembra siano andati diversamente. Nell’istante in cui l’imbarcazione si trovava a circa quaranta miglia dalle coste calabresi, Frontex invia una segnalazione in cui viene confermato quel che parava già essere sotto gli occhi di tutti: l’assenza dell’equipaggiamento di salvataggio e il successivo fermo immagine della rotta migratoria confermano il sovraccarico e dunque, il rischio naufragio della scialuppa.

“Tutte le cose iniziano e finiscono come storie”. No, questa non può essere l’ennesima “storia” andata male e poi gettata nel dimenticatoio delle vicende burocratiche e archiviate, senza mai captare chi abbia esentato di assumersi la massima responsabilità. Benvenuti in Italia, ci verrebbe da dire. Un anno esatto, in cui le indagini hanno avuto intervalli regolari e conduzione delle stesse alquanto frammentate. Una cosa è certa: nella linea di comando in cui spettava prendere una decisione, è stato sottovalutato il contenuto della segnalazione che, semplicemente vuol far intendere una tradiva ricezione da parte della Guardia costiera.

“Non sono responsabile per ciò che succede, ma per l’insegnamento che ne traggo”. Certamente, avremmo dovuto tutti “beneficiare” di un insegnamento di tale portata da comprendere come, può accadere di non essere responsabili in prima persona di un inconveniente emerso, ma di voler ricordare che se, solitamente, vi sono delle vittime, è perché accanto ad esse, figurano dei colpevoli. Ed è giusto far conoscere al mondo chi siano questi ultimi, ma decisamente più ragguardevole, è far sapere i nomi di coloro che hanno pagato dazio con la loro vita, la spiccata superficialità dell’uomo.

A tal proposito, è iniziata con la lettura dei nominativi delle novantaquattro vittime della strage di Cutro, la partita amichevole organizzata da ResQ, in occasione della tre giorni di manifestazione ordinata per la commemorazione dell’evento. Match disputato allo stadio “Ezio Scida” di Crotone, al quale hanno partecipato circa quaranta persone, perlopiù familiari delle vittime. A questi, si è aggiunta la presenza di Damiano Tommasi, ex centrocampista della Roma e Antonio Galardo, storica bandiera del Crotone.

Eppure, il ricordo di un giorno da dimenticare è rimasto vivo nelle menti di ognuno. Quale migliore occasione per dar spazio alla solidarietà e alla fratellanza, se non nel derby Crotone-Catanzaro? Ricorderete, nello scorso campionato di Lega Pro, la gara di ritorno tra i rossoblu e i giallorossi, disputata il 13 marzo 2023. Un match che, probabilmente, aveva poco da sancire sulle questioni di campo, vista la conquista della Serie B da parte del Catanzaro che era distante pochi passi, ma un messaggio da voler consegnare anche a chi verrà.

Esultanza Catanzaro allo Scida di Crotone

Perché il disastro accaduto non può non scuotere le nostre coscienze. Proprio per tale motivazione, fu intrapresa un’iniziativa benefica sviluppata attraverso la realizzazione di una divisa speciale. La società giallorossa scelse un colore del tutto inedito: il verde, che poco o nulla riguarda le “futili cose” di campo, ma che, come esplicato dal dg Foresti “lo spot viene in secondo piano in questi casi”.

Anche il Crotone aderì all’iniziativa con estrema apertura. Colloquiale la telefonata tra lo stesso Foresti e Raffaele Vrenna, al quale fu comunicata l’idea in collaborazione con il partner Eye Sport per dar vita ad una vera e propria asta di beneficenza, disponendo dell’ausilio di tutti i supporter delle Aquile.

La raccolta fondi fu devoluta interamente a Fondazione Città Solidale Onlus – Settore Immigrazione, che da circa trent’anni fornisce assistenza ai più bisognosi e che opera a fianco dei migranti. Le maglie vennero vendute in due aste – la prima, comprendente tredici maglie, la seconda dodici – per le quali il prezzo base era di un euro.
Incasso totale raggiunto 6500 euro, perché è logica conseguenza ipotizzare che quando sia impossibile porre rimedio al male, è necessario far sempre del bene.

Una cifra di notevole importanza vista anche l’importanza della gara e la spontaneità con cui le due compagini (Crotone e Catanzaro) siano rimaste legate da un momento di battaglia agonistica sul campo, ma di sconfinata tristezza fuori dal rettangolo di gioco.

È stato un viaggio lungo. Un viaggio “meschino” di un anno. Una traiettoria che dalla Turchia avrebbe portato in Calabria delle anime che avrebbero preferito essere ricordate per motivi certamente meno drammatici. Powers avrebbe esclamato: “Non sappiamo mai il perché delle cose che accadono!”

Sarebbe doveroso aggiungere che è quasi illogico non porsi degli interrogativi su ciò che accade attorno a noi, se a far accadere determinati avvenimenti sia proprio l’uomo.

Un uomo che, anziché scrutare l’orizzonte, tende solo a “porre rimedio” a quel che accade nel ristretto perimetro della propria ombra. L’immagine perfetta è la sagoma di una creatura imperfetta.

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